Famiglia: Caryophyllaceae
Altri nomi della Silene rigonfia :
Bubbolini, calicedda, campanedda, cannatedda, carletti, cavoli della comare, crepaterra, cujet, erba del cucco, erba du predicaturi, fridum, grisol, lidum, minuto, schioppettini, sclopit, scrissoi, scrusciet, sonaglini, spizzoli, strangoli, stridi, stridoli, strigoli, strigual, tagliatelle della Madonna, verzuli, zimoe
Descrizione:
La Silene rigonfia è una piccola pianta (alta fino a 60 – 70 cm; massimo 100 cm) perenne e glabra, dai caratteristici fiori chiamati “bubbolini”.
I calici rigonfi sono persistenti e mantengono la forma a palloncino. che anzi nel tempo si irrigidisce per cui alla fine dell’estate si possono far scoppiare battendoli con la mano da qui un altro nome popolare : “schioppettini”.
La struttura radicale è rizomatosa a base lignificata. Possiede anche diverse radici (e radichette) secondarie da rizoma.
Il fusto può essere glabro o leggermente pubescente ed ha un aspetto erbaceo ma ascendente ed eretto. Nella parte alta il fusto è in qualche caso vischioso.
Le foglie sono di colore verde con riflessi bluastri (ma in altre varietà verde – cenere) del tipo ovate o lineari – lanceolate (non molto strette).
Foglie basali: hanno un piccolo picciolo e formano una rosetta.
Foglie cauline: sono sessili a disposizione opposta nei nodi lungo il fusto
L’infiorescenza è di tipo lasso a pannocchia con fiori penduli su peduncoli flessuosi lunghi 5 – 15 mm e viene definita come bipara ossia i fiori crescono da ambo i lati rispetto al fiore apicale con 3 – 9 fiori totali.
I fiori sono ermafroditi ( dioici o poligami) e pentameri.
Calice: il calice ha una caratteristica forma a palloncino ovoidale (lungo il doppio rispetto alla larghezza) sinsepalo (= gamosepalo; ossia i sepali sono fusi insieme) a volte definito anche “monosepalo”; il colore può essere verde pallido o rosa – biancastro tendente al bruno chiaro. Sulla superficie rigonfia sono presenti 20 evidenti nervature longitudinali, collegate da altre nervature trasversali più brevi e meno evidenti e meno precise. Il calice contiene interamente sia l’ovario che la capsula fruttifera da qui la sua particolare struttura rigonfia. Sul calice sono inoltre presenti dei denti terminali lunghi 1/6 del calice. Questi denti sono papillosi e pubescenti.
Il frutto è una caspsula globosa – piriforme compresa col calice persistente e con una corona di 6 denti apicali. La caspsula alla fruttificazione è lunga tre volte il carpoforo (piccolo peduncolo basale che sostiene la capsula. Il frutto è del tipo deiscente nella parte alta con molti semi.
Dove si trova:
E’ presente in Europa, Asia, Africa settentrionale, America meridionale.
In Italia è comune in tutte le regioni da 0 a 2800 m s.l.m., anche se predilige ambienti differenti a seconda delle numerose sottospecie: nelle zone marine è meno diffusa, come su terreni molto asciutti.
E’ possibile trovarla nei prati, arbusteti, boschi radi e margini dei sentieri.
La sua presenza è frequente in zone ruderali ricche di azoto, o anche nei prati fertili concimati e antropizzati.
In alcuni casi può essere considerate erba infestante.
Parti utilizzate:
Le foglie e i germogli
Tempo di raccolta e conservazione:
Le foglie e i germogli
Principi attivi:
Proprietà:
E’ poco usata in erboristeria, ma ottima in cucina.
I germogli, raccolti prima dell’antesi, sono una tenera verdura con sapore dolce e delicato: è fra le erbe più ricercate ed usate in cucina.
Molto ricercata dal bestiame, è un ottimo foraggio.
Preparazione e uso:
A scopo alimentare, in primavera, si utilizzano le giovani cimette.
Molto ricercata in gastronomia (con il nome di stridoli o carletti), fra le migliori erbe commestibili, ha un sapore dolce e delicato che ricorda i piselli, ma solo prima della fioritura poi le foglie basali diventano troppo coriacee.
Si mangia sia cruda, sia cotta (come gli spinaci), in risotti, minestre, ripieni e frittate.
I teneri germogli che si asportano in primavera a una lunghezza di 5-6 cm, si fanno bollire per qualche minuto nell’acqua e si consumano come contorno a uova o altre pietanze, al pari dei più diffusi spinaci. Con gli stessi si confezionano risotti dal sapore delicatissimo, ma possono pure venire mescolati a frittate e minestre di stagione.
Per apprezzare la bontà del germoglio della silene bisogna coglierlo per tempo, ossia prima che prenda a indurire. Nel caso intendessimo utilizzarlo per risotti, si consiglia di cuocere il riso nell’acqua di bollitura del vegetale stesso: la pietanza ne acquisterà pregio e sapore.
Se desiderate impiegare il silene come verdura cotta, conditelo con un filo del migliore olio, pochissimo sale e niente aceto per non soffocarne il sapore.
La spiccatura non rovina la piantina che rigermoglia con facilità e in continuazione. Trovata la giusta fonte per i propri rifornimenti, è bene ricordare il luogo e non estirparla in modo di avere sempre verdura fresca.
Nella zona di Cesi di Serravalle del Chienti, viene usata per preparare un caratteristico strudel che si consuma il giorno dell’Ascensione.
È buona mellifera, la radice contiene saponine.
Notizie e curiosità:
Pianta nota fin dall’antichità per il curioso aspetto dei suoi fiori e per le sue proprietà mangerecce. Ciò spiega l’abbondanza di nomi popolari
Il nome del genere (Silene) si riferisce alla forma del palloncino del fiore.
La leggenda vuole che prenda il nome da Sileno, compagno di Bacco, che aveva il ventre rigonfio come il calice della pianta
Probabilmente il nome è anche connesso con la parola greca “sialon” (= saliva); un riferimento alla sostanza bianca attaccaticcia secreta dal fusto di molte specie del genere.
Altra ipotesi è che il nome derivi dal greco “selene” che significa luna.
Già nel I° secolo d.C. il medico greco Ateneo usò questo nome per indicare una pianta: non avendo potuto vedere il testo originale, non si è in grado di dire se fosse proprio la S. vulgaris.
Un’ultima ipotesi etimologica può essere quella di far derivare il nome dal greco “Silenos” e dal latino “Silenus”, compagno di Dioniso e padre dei Satiri.
Il fiore con il calice a palloncino risulta di difficile accesso per gli insetti che sono alla ricerca del nettare, alcuni calabroni con uno stratagemma simpaticissimo, bucano il fiore alla base del calice, riuscendo in questo modo ad estrarre il nettare. I suoi fiori restano aperti anche alla sera e sono impollinati dalle farfalle notturne.
Le cimette, strofinate, emettono un caratteristico stridio, da cui il nome popolare “stridoli” e similari.
I calici rigonfi nel tempo si irrigidiscono per cui alla fine dell’estate si possono far scoppiare battendoli con la mano da qui un altro nome popolare : “schioppettini”.
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