Il dialetto di Fontanarossa

Il dialetto ligure sostanzialmente è simile in tutta la regione : più italianizzato nell’arco della riviera, dove ha subito l’influenza delle immigrazioni , più chiuso e forse più rozzo ma anche più puro nell’entroterra montano.
Fontanarossa è uno degli estremi baluardi , a nord , della parlata ligure ed il suo dialetto , arcaico nella struttura e nei termini , appena scalfito dalle vicine influenze piacentine e pavesi , non molto duttile ma indubbiamente efficace ed incisivo , è un valido esempio del dialetto dell’Appennino.
Tra i termini ormai caduti in disuso nel genovese e nella riviera , a Fontanarossa troviamo :
“messiào” = nonno (da messier avo)
“maddonnà” = nonna (da madonna ava)
“alantoa” = allora.
Arcaica anche la pronunzia della consonante “r” come in
“prechè”=perché
“tuoretta”=tavoletta
“uorucco”=gufo.
Altra caratteristica dei dialetti montani e quindi anche di Fontanarossa è l’uso degli idiotismi , cioè di quelle frasi nelle quali la trasformazione di un termine in un altro di suono analogo , modifica completamente il significato : molti anni fa era diventata famosa la frase di una vecchietta per la quale la Madonna di Pompei era diventata “a Madonna di pompiè (dei pompieri)”.
In alcuni casi la parlata di Fontanarossa è più vicina all’italiano che al genovese : mentre il genovese sostituisce il suono “gl” italiano con la “gg” (figlio = figgiu) , il fontanarossino mantiene la fonetica della madrelingua (figlio = figlieu) ; oppure quando il genovese sostituisce la “p” seguita da due vocali con la “c” ( piove = cioeve , a Fontanarossa pieue).
Ma dove il dialetto fontanarossino mostra tutta la sua snellezza e la sua vitalità è nella coniazione di termini nuovi : in questo gli abitanti di Fontanarossa non sono secondi a nessuno ; il loro umorismo , la loro arguzia , sanno creare dei neologismi che sono dei piccoli capolavori. Come definire con maggiore immediatezza che con il verbo “impanzunàse” lo stendersi supino di una persona goffa e flaccida ? O dove riscontrare negli altri dialetti la sottile differenza tra “scapizzà”=inciampare e “fà uotaschieletta”=inciampare con successiva capriola?
Poi il dialetto diventa fantasia pura nella toponomastica : termini che non significano nulla come “Gangaieu” , “Spaarin” , “Cavallizzùn” definiscono quasi poeticamente località per cui , in altri dialetti , ci si sarebbe accontentati di banalissimi “prato grande” o “poggio fiorito”.
Un discorso a parte meriterebbero i soprannomi che , per spirito caustico ed ironia, sono degni di una malalingua toscana : c’è da osservare come l’arguzia paesana , nell’affibbiare un nomignolo , colpisca piuttosto l’aspetto morale che quello fisico della persona : prova di sottile malignità ma anche di maturità di giudizio.

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