Chiedo venia agli amici di Fontanarossa se
mi sono permesso di titolare il mio scritto "Il 'nostro'
bosco", ben sapendo che la maggior estensione del territorio
è di proprietà dei "Fontanini", però
qualche pezzo è di Alpe e nel versante verso "Què
de Mania" qualche appezzamento è di Varni.
Chiarito questo, spesso il mio ricordo torna indietro nel tempo,
quando quel nostro bosco era ben tenuto, senza sterpaglie, con
la strada che lo attraversava mantenuta in ottimo stato, tanto
che in certi punti sembrava di camminare su un tappeto verde.
Il maggior merito era senza dubbio dei Fontanini, occorre darne
atto, perchè quel bosco era una delle loro fonti di vita
forse sin dall'epoca feudale, certamente nelle epoche passate:
vi ricavavano castagne fornendo poi il mercato cittadino dolciario.
Il mio ricordo risale a 57 anni fa, quando lo attraversavo da
Alpe per recarmi a Rovegno, magari dal Dott. Cella che allora
era anche dentista e non solo medico condotto. In quegli anni
si superava l'alveo del torrente Terenzone passando sopra la passerella,
grossa e spessa tavola di legno ancorata da una catena. Poi affrontata
la breve salita, si entrava nel bosco e lo si percorreva al fresco
dei suoi grossi e antichi castagni, inoltrandoci magari in cerca
di funghi; ma io non riuscivo mai a trovarne uno perchè
sono sempre stato un cattivo cercatore, mentre amici molto pratici
del terreno e delle fungaie mi deridevano un pò e ne trovavano
molti.
Attraversavamo il bosco anche il giorno di San Rocco quando in
compagnia andavamo a Fontanarossa per la festa. Ma era sempre
problematico il ritorno, a notte fonda, senza chiarore lunare:
si percorreva la strada per istinto, c'era buio pesto, ogni tanto
però una pietra più chiara o la posizione di un
albero ti sapevano orientare.
Nel periodo della guerra a rastrellamenti in corso, quella parte
del bosco detta "rivale" era un nascondiglio perfetto
e preferito, perchè da quelle posizioni strategiche si
aveva la visione del paese di Alpe e particolari segnali messi
dai parenti alle finestre ti avvertivano del cessato pericolo,
così si poteva rientrare in paese. Purtroppo quei pericoli
di fuga avvenivano d'inverno, magari con la neve e in quegli anni,
molti lo possono ricordare, le nevicate erano frequenti e abbondanti
e non sempre era facile districarsi nella boscaglia, non si vedeva
bene dove mettere i piedi, si rischiava di cadere in un avvallamento,
poteva capitare una distorsione alla caviglia o una scivolata
sul tratto ghiacciato.
Vi si è trovato in grande difficoltà anche un parroco
di Alpe di quarant'anni fa, Don Guido, che ha raccontato la sua
disavventura sulle pagine de "La Trebbia". Tornando
da Fontanarossa verso Alpe nel tardo pomeriggio della vigilia
di Natale, stava nevicando abbondantemente, perse il sentiero
e perse anche l'orientamento. Finchè incontrò suo
padre che con una pila gli era andato incontro per aiutarlo.
Quante nostre storie sono racchiuse in quel bosco, in quei tronchi
antichi di castagno, su quei sentieri che mille volte abbiamo
calcato. Nonostante le brutte stagioni, insidie vere, grandi pericoli
e altro ancora, tanti sono i ricordi che mi legano a quel "nostro"
bosco. Anche perchè ho potuto allacciare molte amicizie
e conoscere tante persone che ricordo sempre caramente.
Agostino Zanardi
(Questo articolo è stato pubblicato sul N° 10 del 7
Marzo 2002 del settimanale "La Trebbia").