Siamo a Fontanarossa. Sette cavalli aggruppati
, sauri e neri , scalpitano. Franco e Didi . due fratelli
del posto , ci invitano ad una galoppata. Abbiamo resistito
ai sobbalzi dell’auto sui sette chilometri di strada
sconnessa , da Rovegno , ma non sapremmo davvero reggerci
sulle bardelle . Lasciamo che l’allegra compagnia
si allontani . Conosciamo tutto di Franco e Didi , dei loro
itinerari tortuosi , in groppa , verso Campassi , Varni
, Alpe , Suzi , Artana , Carrega , Vegni , Berga : un rettangolo
di 20 Kmq. , unico nel nostro entroterra, ove i dominanti
, lunghi silenzi sono interrotti da nitriti gioiosi tra
paesi disossati , smunti , grani di malinconia , ravvivati
soltanto dal giungere dei sette “cowboys” con
lo sguardo avido verso l’invito degli smeraldini declivi
di Capanne di Pei.Né altrimenti potrebbero definirsi
quei giovani cavalcanti , con le gambe penzoloni lungo le
bardelle ai cui bordi duri essi stringono i piedi , sino
a sfiorare i i legamenti di cuoio della speciale sella ,
avvinta alla pancia dell’animale , sfrecciando per
l’acciottolato precipitevole dal monte della Cavalla
a Fontanarossa , al termine della corsa ; il paese accoglie
i suoi baldi figli con muta ammirazione ; i cavalli sono
ricondotti in stalla , affettuosamente , in attesa di ricominciare
domani a trasportare fieno e legna. Fontanarossa è
il solo loro regno montano della Liguria. Traini , slitte
sono mossi soltanto da muscolature equine.
La terra ride attorno all’abitato
, le cui origini si perdono nel mistero del Mille dopo Cristo.
Vediamo il paese , a mille metri d’altezza , dalla
cima della Cavalla , quota 1327. Lo spettacolo è
incomparabile.A mezza falda ove appunto s’incastona
Fontanarossa , la brezza solleva e spenge lente onde bianche
di narciso , bluastre di genziana , gialle e rosse corallo
di orchidee , di ranuncoli dal color ambra .Si racconta
che , appunto di quassù , un mandriano ramingo udì
l’arcana parola del vento. D’un tratto un cavallo
bianco , alato , gli volteggiò sul capo. Seguendo
la rivelazione , l’uomo scagliò un ferro aguzzo
in alto e il “mostro” precipitò. Fu un
attimo , l’attimo che mutò la leggenda in poesia.La
bestia nitriva , con accento di gioia , come uscisse dal
suo triste sortilegio , dalla condanna ad aleggiare eternamente
, senza pace ; le ali si mutarono in ampie distese di narcisi
, il sangue intinse le rocce di un rossore cupo ed una sorgente
d’acqua sprizzò , inondando il crinale del
monte , denominato appunto “della Cavalla”(ora
le polle tumultuose sono un ricordo , il cavo della terra
, quassù , è una fossetta appena melmosa).
Il mandriano discese fin dove i rivoli di sangue s’addensarono
in una radura. Lì egli alzò la sua tenda e
sorse Fontanarossa : nome derivante chiaramente dalle pieghe
della accennata leggenda contadinesca.Chiediamo a “o
todesco” perché sia chiamato così in
paese. Forse per i suoi tratti somatici. , ricalcanti le
corporature tozze , le guance rubizze degli anglosassoni
. Egli scuote il capo , non sa :e pensare che odia i tedeschi
: “quelli là!” . Le orde del terribile
’44. Qui gli stalloni dei “crucchi” trovarono
allora , nel corso di un rastrellamento , alcune giumente
in calore e … nacquero tre cavallini croati , piccoli
come agnelli , focosi e forti , veloci come nembi. Li abbiamo
veduti , un poco invecchiati eppur bellicosi sempre , come
impone l’origine … paterna. “O todesco
“ è una delle celebrità del posto ,
con i cavalli , i narcisi e i funghi. Anzi , grazie a questi
prodotti della terra,gustosi più che altrove , egli
, oltre ad essere proprietario dell’unica pensione
, è conosciutissimo e ritenuto il gerente del più
angusto , attivo ufficio postale e non solo dei centri minori
liguri. L’uomo sta ora spedendo il primo sacchetto
di funghi secchi: fra un mese ne avrà un banco zeppo
con i più disparati indirizzi ; anche nelle “Meriche”
arriveranno i sacchetti , con il profumo della terra nativa.Da
Fontanarossa non si emigra in misura allarmante. Le famiglie
si rinnovano sulle radici di casa , commerciando anche patate
, legna e castagne , sebbene le compravendite non si estendano
più sino alla Svizzera e alla Sardegna . Gli abitanti
sono schietti e ospitali. Un certo benessere , impensabile
quasi nel nostro entroterra , si riflette nelle espressioni
e nei tratti della gente . Il servizio idrico , dopo l’esaurimento
della sorgente del monte della Cavalla , è stato
ed è assicurato da un ricco acquedotto . I vecchi
gustano il sigaro sulla porta delle abitazioni , in attesa
di essere sollecitati a tavola. I cani abbaiano e scodinzolano
per il solo fatto che la padrona ritarda nel riempir lo
scodellone del quotidiano pasto sicuro.Tra poco , comitive
di turisti , specialmente milanesi , verranno a riempirsi
il cuore e le braccia di corolle variopinte , luminose ,
versando valuta nelle tasche del trattore , degli osti ,
dei bottegai.
Anche l’ombra sghemba della cappelletta mortuaria
su un poggio , è allegra . Dicono che la costruzione
risalga all’800 e fosse in origine una moschea araba.
Adesso le mura mostrano segni di numerosi rifacimenti non
esattamente a regola d’arte. La chiesa parrocchiale
è curata , linda.Ricordiamo l’autunno scorso
, quando vi udimmo la più singolare messa funebre
a nostra memoria.Era morta Romilda , una ragazza sempre
malata e dolce. I compaesani entravano nel tempio vestiti
a festa , sorridendo , perché la povera creatura
era la bella “anima santa” di tutta Fontanarossa.
Una voce di cantore si alzò. Un fiume di argentee
note filate scese per il ciborio. Tosto scoprimmo , nel
salmodiare , delle strane interpretazioni vocali. Era un
latino profanato eppur piacevole : un qualcosa di sacro
confuso con toni di ballata scaturita , pareva , dalla malinconia
melodica della prima America. Gli “is” e gli
“ibus” nelle modulazioni si infioravano di personali
“rettifiche” così umane , popolari ,
di misurato dolore , da farci chiedere in quale lingua effettivamente
il tenore stesse cantando. Infine l’officiante si
rivolse ai fedeli. Non fu una commemorazione , ma un appello
ai presenti. “Tonio , a te Romilda lascia un grazie
grande , grande , per quel fiore che le desti , strappandolo
dal tuo giardino , perché sapevi che a lei piaceva
tanto…” . “Aldo , a te Romilda raccomanda
di non farti prendere dalla rabbia e …”. Ad
ogni nome , un capo si reclinava sul petto e un dorso di
mano ruvida s’alzava al ciglio. Fu la pubblica lettura
di un meraviglioso testamento , un godimento , una purificazione
dello spirito !Ma ormai quell’autunno è lontano
. Né si parla più del lupo . 1920 , un ricordo
, il solletico al sonno nelle lunghe sere invernali , piovose.
In quell’anno un “satanasso” lasciò
orme indefinibili , enormi e insanguinate. Vitelli , capre
, agnelli , maiali , giacevano sgozzati il mattino o la
sera , in tanti paesi , anche a Fontanarossa . Per un mese
imperversò la morte . Finché un contadino
di Ferriere di Bettola si trovò davanti un lupaccio
brado ; lo colpì con una fucilata ; il secondo colpo
esplose nella boccaccia aperta , mentre i denti stavano
per serrarsi attorno al braccio dell’uomo. La bestia
pesava 87 chili (non un etto più o meno…! )
; fu dirupata. Due giorni appresso il contadino morì
dallo spavento rimastogli nelle ossa. Stando così
le cose l’altro lupo ucciso in Liguria nel 1878 ed
imbalsamato al museo civico , avrebbe perduto la …
fama di ultimo discendente di una genia importuna quanto
rara , anche nei tempi trascorsi , per la nostra regione.Bà.
Lasciamo Fontanarossa . La gente è levigata di aria
nuova , di fiori , di pace. E’ riposante riguardare
i boschi puliti dei castagni , dai tronchi disposti a figure
romboidali , su cui i giovani gitanti , d’ogni provenienza
, tracciano cuori ed iniziali , nomi : un peccatuccio amorevolmente
… vandalico , perdonabilissimo , per la verità
, in questa tavolozza di colori e di serenità che
è Fontanarossa , nei mesi del suo rigoglio naturale…
Silvio Podenzana
(Questo articolo è stato tratto da Il Lavoro Nuovo
del 16 Giugno 1963)