Settembre. Tempo di funghi. Il bosco è
quiete. I castagni secolari dai tronchi cavi dove si riparano piccoli
mammiferi e uccelli notturni e i faggi che svettano su tutti gli
altri alberi alimentano il sottobosco ideale per la nascita dei
porcini che quest’anno sono abbondanti. Ma il bosco è
anche severo. E’ lo specchio della vita. Ci puoi trovare l’eccellente
boletus aereus e l’ottimo boletus edulis ma anche la velenosa
e mortale amanita phalloides. E, raramente, dove il fogliame si
apre in uno spiraglio di caldo sole, una vipera aspis perfettamente
termoregolata e pronta a mordere, se in qualche modo la tocchi o
la minacci. Come nella vita. Bene e male. E ti richiede attenzione
il bosco. Un’attenzione continua perché se poggi il
piede sopra un viscido bastone nascosto sotto le foglie finisci
a gambe all’aria e puoi romperti le ossa. Ma ti dà
tanta solitudine il bosco. Una solitudine tenera, quasi melanconica
che ti isola dal mare di rumore delle giornate cittadine e suscita
in te la più profonda meditazione. E da questo lento ma intenso
processo intimo, che inizia dal momento in cui entri tra gli alberi,
esce la tua parte migliore. Quella che si commuove nell’osservare
un albero di medie dimensioni, nato da un tronco secco adagiato
in mezzo ai lamponi e ti fa capire quanto sia Regina la natura rispetto
agli uomini, che evitano con ogni mezzo il “fastidio”
di procreare. Oppure una piccola capanna nel tronco cavo di un grosso
faggio abbattuto dal tempo, dove giacciono, riparati dalla pioggia,
un centinaio di piccoli funghi variopinti. Successo e potere contano
niente nel bosco. E’ importante invece un approccio attento
e umile, un buon bastone e tanta, tanta volontà. Hai poca
voglia di uscire dal fogliame ma la meditazione, per quanto beata
sia stata, non ha cancellato l’appetito prepotente che solo
l’esercizio fisico all’aria aperta può provocare
e che devi d’urgenza sedare con un gran piatto di tagliatelle,
rigorosamente al sugo di porcini e un buon bicchiere di vino. Se
riesci a provare queste intime emozioni e questi carnali desideri
è difficile che tu possa desiderare d’essere altrove.
Giulio Saccomandi - Genova
(Lettera tratta da Il Secolo XIX del 18/09/05)